Dopo le modifiche apportate dal Senato il decreto Falanga, contenente disposizioni in materia di criteri per l’esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi, è di nuovo al vaglio delle commissioni competenti della Camera dei Deputati: Ambiente, Bilancio e Giustizia. La Commissione Ambiente ha espresso parere favorevole. Secondo la Commissione presieduta dall’on. Realacci, infatti, l’articolo 1 rispetta pienamente il dettato della Costituzione che sancisce l’obbligatorietà dell’azione penale e riduce l’insorgenza di eventuali contenziosi e di incedenti di esecuzione. Nell’ambito di ciascuna tipologia, inoltre, la priorità attribuita di regola agli immobili in corso di costruzione evita di arrivare ad ulteriori conseguenze che porterebbero ad un consolidamento dell’abuso stesso. Per la Commissione, inoltre, appare opportuno garantire, attraverso l’attività delle forze di polizia ed il coinvolgimento degli enti locali, l’immediata interruzione di opere abusive in corso di realizzazione, al fine di prevenire il consolidarsi di condizioni di abuso edilizio; appare altresì necessario rafforzare l’attività di demolizione degli abusi edilizi esistenti anche ai fini di un’azione preventiva del fenomeno, utilizzando a tale fine le risorse stanziate dal provvedimento. Parere favorevole è arrivato nella giornata di ieri anche dalla Commissione Bilancio, si attende per la giornata di oggi il parere della Commissione Giustizia. Ovviamente soddisfatto l’avv. Bruno Molinaro. “Apprendo con soddisfazione che anche la VIII Commissione della Camera dei Deputati ha confermato la piena legittimità costituzionale del Ddl Falanga, soprattutto alla luce del fatto che il principio di obbligatorietà dell’azione penale non ne risulta minimamente intaccato, vieppiù se si considera che trattasi non già di sanare abusi edilizi ma di eseguire piuttosto, sia pure secondo modalità predefinite, sentenze di condanna passate in cosa giudicata e che, in ogni caso, allorquando il Ddl elegge a criterio di priorità (“di regola”) quello della demolizione dei fabbricati in corso di costruzione, non fa altro che rafforzare la volontà del legislatore di evitare che gli illeciti accertati vengano portati a conseguenze ulteriori.
Da notare che il parere appena licenziato si segnala anche per l’esplicita ammissione secondo cui la norma in questione “riduce l’insorgenza di eventuale contenzioso e di incidenti di esecuzione”. Molti ricorderanno che qualche tempo fa il Procuratore Generale di Napoli Luigi Riello, in una intervista al quotidiano La Stampa, aveva invece affermato che la “legge”, per oggettive difficoltà interpretative ed applicative, finisce per determinare un vertiginoso aumento del contenzioso, con gli avvocati chiamati a fare il loro mestiere, e nuovi carichi di lavoro per i magistrati. Personalmente sono sempre stato convinto del contrario perché un avvocato serio ed intellettualmente onesto non ha alcun interesse a consigliare al proprio cliente di proporre un incidente di esecuzione per opporsi alla demolizione di un fabbricato allo stato grezzo. E di fabbricati grezzi, scheletri ed ecomostri incompleti il territorio italiano, purtroppo, soprattutto nella fascia costiera, è pieno. Dunque, con il DDL Falanga, una volta approvato, si fa giustizia di queste brutture, si aiuta l’ambiente e si riduce il numero delle cause. Il DDL Falanga, inoltre, contrariamente a quanto sostenuto da qualche parlamentare sprovveduto, non vanifica affatto, né ridimensiona in qualche modo gli effetti dell’ottima proposta di legge volta all’azzeramento del consumo del suolo entro il 2050, già approvata alla Camera. Quest’ultima, infatti, prevede, a grandi linee, incentivi alla rigenerazione urbana ed il riuso degli edifici sfitti e delle aree dismesse, occupandosi, altresì, della riqualificazione energetica e della demolizione e ricostruzione degli edifici energivori. Si tratta, quindi, di una “legge” che va ad incidere sul patrimonio edilizio esistente ma – beninteso – solo su quello legittimo, non anche su quello abusivo, oggetto, peraltro, di sentenze irrevocabili. D’altronde, non potrebbe essere altrimenti, in quanto il patrimonio edilizio abusivo non può nemmeno formare oggetto di interventi di manutenzione, dovendo essere demolito.
Rigenerazione, riuso e riqualificazione sono, per forza di cose, termini assolutamente incompatibili con la gestione delle opere abusive la cui unica sorte è soltanto quella di essere eliminate prima o poi”.