Roma, 3 ago. (Adnkronos Salute) – Il 33% delle dimissioni ospedaliere in Italia riportano come diagnosi una patologia dell’apparato digerente. Il cancro del colon-retto, secondo l’ultimo rapporto Aiom, negli uomini è al terzo posto per incidenza dopo il tumore al polmone e alla prostata; nelle donne si colloca immediatamente dopo il tumore alla mammella, che occupa il primo posto. Nel nostro Paese un quinto della popolazione adulta fa i conti con una malattia da reflusso gastroesofageo, mentre il 20% delle donne soffre di stipsi o patologie funzionali del colon e il 35% dei pazienti over60 che si sottopone a una colonscopia ha una diagnosi di diverticolosi. Inoltre, si prevede che il cancro del pancreas nel 2030 possa diventare la seconda causa di morte per tumori nel mondo occidentale.
“La gastroenterologia è ormai una delle discipline più impegnative sul campo perché mette insieme aspetti medici e operativi attraverso l’endoscopia. Aspetti che consentono di affrontare le patologie gastroenterologiche in maniera completa dalla diagnosi alla terapia”, afferma Alessandro Repici, professore di Gastroenterologia di Humanitas University, responsabile di Endoscopia digestiva dell’Irccs Humanitas e nel Consiglio direttivo della Società italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva (Sige).
Per questo, “la Sige – riferisce Repici – ha deciso di investire sul futuro e creare una Scuola che possa diventare un utile complemento alla fase formativa dei giovani gastroenterologi e garantire percorsi di training dedicati soprattutto alle metodiche più innovative e di maggiore impatto clinico sia in fase diagnostica che terapeutica”.
La formazione delle prossime generazioni di medici e ricercatori è fondamentale per mantenere un alto livello delle prestazioni e la pandemia da Sars-Cov-2 sta solo accelerando alcune trasformazioni in atto nel mondo accademico e scientifico. Lo ha ben chiaro il neopresidente della Sige, Antonio Benedetti, tra i primi a credere nella Scuola di alta formazione per i gastroenterologi del futuro. Sotto questo punto di vista l’Italia si può considerare certamente all’avanguardia se si considera che conta ad oggi circa 2500 gastroenterologi, l’85% dei quali lavora negli ospedali pubblici.
“Si tratta di un progetto visionario e a lungo termine – spiega Repici – che ha richiesto investimenti dedicati e la creazione di una task-force all’interno della Sige. In questi ultimi 10 anni l’endoscopia digestiva ha acquisito un peso sempre maggiore – sottolinea – sia in termini diagnostici, basti pensare allo screening del cancro del colon, che operativi (trattamento delle neoplasie in fase iniziale dello stomaco o del colon) e si è arricchita di aspetti tecnici, tecnologici e clinici che richiedono percorsi formativi dedicati e molto professionalizzanti”.
Per questo, “attraverso uno strumento così articolato come la Scuola di Endoscopia, la Sige vuol farsi carico delle parti più importanti della formazione dei giovani gastroenterologi italiani e far sì che al momento del loro impiego in ospedale abbiano una solida esperienza dell’endoscopia che insieme alla formazione clinica dalle scuole di specialità possa consentire una integrazione sicura ed efficace nel sistema degli ospedali, degli ambulatori e delle varie strutture sanitarie presenti in Italia”.
L’organizzazione della Scuola è affidata ad un gruppo di esperti che si avvalgono di una task-force che segue il progetto in tutte le sue fasi. “Il percorso formativo ‘ prosegue Repici – si sviluppa in tre step: e-learning, campus e l’esperienza sul campo, attraverso la frequenza in uno dei centri di eccellenza italiani che ha dato la disponibilità a seguire i giovani gastroenterologi in formazione. Questi tre aspetti complementari garantiranno un bilancio tra studio, conoscenza, ricerca clinica, aggiornamento della letteratura insieme ad aspetti pratici legati alle tecniche endoscopiche ed alle varie applicazioni in ambito digestivo”.
La Scuola di Endoscopia non ha una ‘sede fisica’. “La sede – sottolinea Repici – è rappresentata dai moltissimi centri italiani disponibili a lavorare con entusiasmo alla formazione dei giovani gastroenterologi. Anche in questo caso Sige vuole innovare mantenendo però una rete di collaborazione con centri accademici e non, per tenere insieme le differenti realtà della gastroenterologia italiana e contribuire a valorizzare anche i centri più periferici che lavorano con passione, dedizione ed eccellenza clinica sul tema delle patologie gastroenterologiche”.
“Innovare e unire – sostiene l’esperto – saranno le parole del futuro non solo sul tema della scuola di endoscopia ma anche sulla ricerca clinica e su altri aspetti importanti della nostra disciplina. Questo è solo l’inizio di un percorso che Sige ha intrapreso da tempo e che mira a sviluppare progetti di grande impatto sia per la comunità dei gastroenterologi italiani che per tutti i pazienti che vengono gestiti nelle strutture sanitarie italiane”, conclude.