Per la Difesa è stata una vera e propria corsa contro il tempo che, però, ha sortito gli effetti sperati.
Sono state, infatti, sospese, sul filo di lana, due imminenti demolizioni di case di necessità a Torre del Greco e a Pozzuoli su richiesta dell’avvocato Bruno Molinaro in rappresentanza di nuclei familiari con figli minori, malati oncologici gravi sottoposti di recente ad interventi chirurgici e con donne affette da gravi patologie psichiche ed epilettiche.
L’avvocato Molinaro, a sostegno della istanza di sospensione, formulata dopo la presentazione di tempestivi incidenti di esecuzione, ha richiamato alcune recenti sentenze della Corte di Cassazione che, facendo applicazione dei principi affermati in materia dalla giurisprudenza della Corte Europea, ha espressamente riconosciuto che il condannato ha il diritto di pretendere dal giudice penale la valutazione di proporzionalità della misura della demolizione applicata nei suoi confronti, soprattutto quando le sue gravi condizioni di salute non sono compatibili con la esecuzione della sanzione che comporta inevitabilmente la perdita del diritto di abitazione.
La stessa Cassazione, del resto, anche da ultimo, con una sentenza della Sezione III di pochi giorni fa, la n. 34607 del 17 settembre 2021, ha chiarito che “anche l’esame delle condizioni di salute confluisce nel giudizio da compiersi circa l’invocato requisito della proporzionalità, che il giudice dell’esecuzione ha il dovere di valutare, nel rispetto di alcuni precisi criteri guida; la giurisprudenza di legittimità, infatti, ha affermato che il giudice, nel dare attuazione all’ordine di demolizione di un immobile abusivo adibito ad abituale abitazione di una persona è tenuto a rispettare il principio di proporzionalità come elaborato dalla giurisprudenza convenzionale nelle sentenze Corte EDU, 21/04/2016, Ivanova e Cherkezov c. Bulgaria, e Corte EDU, 04/08/2020, Kaminskas c. Lituania, considerando l’esigenza di garantire il rispetto della vita privata e familiare e del domicilio, di cui all’art. 8 della CEDU, e valutando, nel contempo, la eventuale consapevolezza della violazione della legge da parte dell’interessato, per non incoraggiare azioni illegali in contrasto con la protezione dell’ambiente, nonchè i tempi a disposizione del medesimo, dopo l’irrevocabilità della sentenza di condanna, per conseguire, se possibile, la sanatoria dell’immobile ovvero per risolvere le proprie esigenze abitative”.
Una vera e propria svolta che alimenta speranze per un intervento legislativo da più parti auspicato, soprattutto dopo che anche il Ministro della Giustizia Marta Cartabia ha dichiarato che il giudice della esecuzione è tenuto, in tali situazioni, ad una valutazione “caso per caso”, contemperando l’esigenza di dare esecuzione alle sentenze di condanna con il diritto del singolo alla inviolabilità del proprio domicilio allorquando versa in gravi condizioni socio-economiche e di salute.
L’avvocato Molinaro ha anche citato una recente sentenza del T.A.R. Campania Napoli che, aderendo all’orientamento della Corte Europea, ha ammonito che “Il provvedimento che ordina la eliminazione delle opere abusive, allorquando la destinazione delle stesse – come nella specie – abbia carattere abitativo-residenziale, entra inevitabilmente in collisione anche con il suddetto principio dì proporzionalità, elaborato (anche con riferimento alle primarie necessità alloggiative vanificate dall’emanazione ed esecuzione dei provvedimenti demolitori) dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ed in forza del quale la sanzione in concreto irrogata al trasgressore deve essere proporzionata alla gravità della violazione commessa. Invero il tempo trascorso dalla realizzazione della costruzione abusiva all’ordine di demolizione (…) assume certamente rilevanza per la valutazione della proporzionalità della sanzione demolitoria, ai sensi dell’art. 8 della CEDU, atteso che la giurisprudenza della Corte EDU ha più volte ribadito la non proporzionalità della sanzione in quanto rappresenta una marcata ingerenza nei diritti dei ricorrenti che da anni abitavano l’immobile (CEDU, sentenza “Ivanova” del 21 aprile 2016)”.