IL TRIBUNALE DI NAPOLI REVOCA GLI ARRESTI DOMICILIARI PER IL SAMURAI DI ISCHIA. ACCOLTA L’ISTANZA PRESENTATA DALL’AVVOCATO MOLINARO

In accoglimento della istanza presentata dall’avvocato Bruno Molinaro, il Tribunale di Napoli ha revocato gli arresti domiciliari per Francesco Ferrandino, definito dalle cronache come il Samurai di Ischia.

Quest’ultimo, come si ricorderà, nel giugno del 2014, ad Ischia, nei pressi del parcheggio di via Sogliuzzo, intorno alle ore 20, si era reso protagonista di una colluttazione con un giovane in compagnia di alcune ragazze.

Nell’occasione, secondo l’accusa, Ferrandino si era reso responsabile del gravissimo reato di tentato omicidio per aver ferito la vittima, utilizzando una Katana, spada giapponese, peraltro arrugginita e con lama non particolarmente affilata.

Il Tribunale, sesta sezione, collegio C, Presidente Ciambellini, ha respinto la tesi sostenuta dall’accusa e dato ragione all’avvocato Molinaro, difensore del Ferrandino, derubricando l’imputazione di tentato omicidio in quella meno grave di lesioni personali, reato per il quale ha, comunque, applicato una pena ritenuta di giustizia.

L’avvocato Molinaro ha in primo luogo dimostrato, avvalendosi anche della consulenza medico-legale acquisita dal Pubblico Ministero, che la ferita inferta alla vittima era una piccola ferita superficiale, di circa quattro millimetri, con prognosi di guarigione in un tempo non superiore ai dieci-quindici giorni.

Richiamando alcuni precedenti giurisprudenziali pertinenti al caso esaminato, ha, inoltre, sostenuto che, in tali situazioni,la valutazione dell’esistenza del dolo omicidiario deve tener conto necessariamente dei mezzi usati, della direzione e dell‘intensità dei colpi, della distanza del bersaglio, della parte del corpo attinta e di tutte le altre situazioni di tempo e di luogo che favoriscano l’azione cruenta”.

Nella fattispecie – ha ancora aggiunto l’avvocato Molinaro, nella sua arringa conclusiva – << è mancata, con ogni evidenza, la prova degli atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere il delitto.

Invero, il numero e l’intensità dei colpi asseritamente inferti, la distanza ravvicinata dalla vittima, la superficialità della ferita cagionata, la prognosi della malattia inducono a ritenere, al di là di ogni ragionevole dubbio, che il fatto, per come contestato, non può ritenersi sussistente >>.

Da notare che, dalla istruttoria dibattimentale, era anche emerso che, durante la colluttazione, erano volate parolacce e c’era stato anche un inaspettato benevolo abbraccio seguito da un bacio di pacificazione tra aggressore e vittima.

Una vicenda, per molti versi, singolare che non ha convinto appieno i giudici, i quali, in buona sostanza, si sono presto resi conto, ascoltando sia i testi dell’accusa che della difesa, che Ferrandino, non si sa bene per quali specifiche ragioni, si era reso responsabile soltanto di una inspiegabile bravata, deplorevole quanto si vuole ma in nessun caso tale da poter fondare un’accusa gravissima come quella di tentato omicidio.

Il Tribunale ha, infine, riconosciuto alla vittima, come da prassi, il risarcimento del danno subito, da liquidarsi in separata sede.

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