La scorsa settimana, con la pubblicazione del mio racconto “Ginotto e Vincenzo alle prese con diagnostiche imbarazzanti” c’è stata una particolare reazione dei miei lettori che mi hanno invitato a continuare sullo stesso filone, tralasciando di affrontare vicende della quotidianità che, pur se sotto lo sguardo di tutti, non stimolano l’attenzione di nessuno e quindi si vivacchia in un menefreghismo imbarazzante.
Succede però che, di tanto in tanto (vuoi per qualche scarsa soddisfazione personale, vuoi per qualche invidia o per qualche folgorazione sulla strada dell’onestà), qualcuno si ricorda come fare il proprio mestiere e “zacchete”, vengono fuori eventi (che avrò denunciato in questa finestra almeno 15 volte), e si scopre che le guardie dell’ordine sanno fare indagini, scoprire responsabilità, denunciare all’autorità giudiziaria fatti che pur se vengono inquadrati e definiti come “reati bagatellari” verso i quali i pubblici ministeri hanno scarsa propensione a volersene interessare (sia perché danno scarsa visibilità e sia perché devono ripassare qualche argomento di diritto amministrativo), accendono il fuoco sotto il sedere a più di qualcuno che, per prassi, imbrogliano sui lavori pubblici.
A Roma fervono i preparativi per il Giubileo, che stimolando l’arrivo di tanti pellegrini da più parti del mondo non si può fare brutta figura di far trovare strade o marciapiedi sconnessi con il rischio di rompersi una gamba o di sfasciare l’auto. Che, se fosse successo ai romani non interessava nessuno.
Ed allora, tra le decine di cantieri aperti per la città, la guardia di finanza ci ha messo il naso e ha scoperto cose che, sulla nostra isola, succedono da sempre, con la conseguenza di avere, costantemente, marciapiedi con buche e strade con fosse pericolose benchè avessero da poco ricevuto il classico reestiling. Mai che nessuno, nel corso dei lavori, si fosse interessato di misurare lo spessore (5 cm) del tappetino di asfalto, la pendenza o declivio per consentire un corretto deflusso delle acque meteoriche, la pulizia dell’ingresso nelle vie di sfogo che, anno dopo anno, in tanti punti sono addirittura scomparse e in ogni occasione di pioggia le strade diventano fiumi impetuosi.
Io sono nato negli anni 50. Periodo in cui, grazie al politico foriano Francesco (Ciccillino) Regine, consigliere provinciale, venne realizzata la strada rotabile Panza/Succhivo/S.Angelo (di cui le foto allegate possono dare un idea) che ancora oggi (considerando i mezzi di allora) è definita un’opera di grande ingegneria (stradale e idraulica). Immagini il lettore che lungo la discesa da Panza a S. Angelo (esclusa cava mare dove stazionano i taxi) esistono ben otto cave o aperture naturali dei terreni che per essere superati necessitavano la realizzazione di “ponti” in pietra o in mattoni pieni. Non esistendo ancora l’uso del cemento armato nell’edilizia stradale.
Per tornare nell’argomento delle verifiche, ricordo che da ragazzino ero incuriosito dai lavori edili e soprattutto dalla posa in opera del tappeto di asfalto e da quella grande macchina “il rullo compattatore” che quando si muoveva impressionava. Ricordo che prima di posare il tappetto di asfalto gli esecutori stendevano delle lenze (cavi di corda sottile) che partivano dal punto più alto della strada (da dove cominciava la discesa) e giungevano fino ad ogni caditoia raccoglitrice delle acque, sia a destra che a sinistra ad un’altezza che era costantemente misurata. Ad asfalto posto, ancora fumante, passava un cantoniere della provincia che, con bastone avente all’estremità un puntale in ferro, pungeva il tappeto di asfalto in diversi punti per assicurarsi che la misura corrispondeva. Particolarmente attento era sul deflusso delle acque che, da un contenitore, sversavano sull’asfalto per verificare l’imbocco nelle caditoie laterali. All’epoca l’acqua era ricercata da tutti i contadini che si ingegnavano con ogni mezzo per trattenerla nel proprio fondo.
Oggi tutto questo non si verifica più. Nonostante ci sia una lamentela generale, nonostante i veicoli delle forze dell’ordine transitano quotidianamente per le strade dell’isola, a nessuno sorge il sospetto, come è sorto ai finanzieri di Roma, di fare qualche accertamento. Basterebbe che incominciassero dalle carte. Verificando quante volte i tecnici (e chi) della stazione appaltante abbiano frequentato il cantiere e se risponde a vero che siano stati usati materiali della qualità indicata nel capitolato. Basterebbero poche cose, ma fatte con serietà, e non con lo scopo di eludere la responsabilità dell’amico che non ha visto o che è diventato orbo per oleazione sistemica. Ritengo che gli italiani e noi ischitani tra essi ci siamo rotti le scatole di transitare su strade e marciapiedi sconnessi e che è giunto il tempo di qualche serietà ispettiva sui lavori pubblici ove si annidano le più grandi violazioni ed il malaffare della pubblica amministrazione. Possiamo sperare che anche da noi qualcuno si svegli o ci dobbiamo rassegnare? acuntovi@libero.it