(Trapani) – “Subito dopo mi hanno messo una cosa in mano, sembrava una cosa morbida. Lì ho capito che era droga. Forse volevano che lasciassi lì le mie impronte. Successivamente mi hanno messo dell’inchiostro su ogni dito, come se dovessero prendermi le impronte. Insomma stavano facendo di tutto per incastrarmi”, racconta il marittimo.
“Appena mi hanno tolto la benda ho visto davanti a me, sul tavolo, dieci pezzi di fumo, di hashish. Lo so perché quando ero adolescente mi sono fatto qualche canna…”. E mi hanno detto: “Lo sai cosa è questa”. “Li ho guardati e ho annuito – ricorda ancora – e loro mi hanno detto: ‘E’ vostra. Ce lo ha confermato il tuo comandante Marrone’. Ma io non potevo crederci”.
I militari, che erano in borghese, continuavano a entrare e a uscire da quella stanza. “C’era una telecamera accesa che riprendeva tutto – ricorda ancora Lysse – io non capivo più niente. Ero stanco, avevo fame, ero spaventato”. Poi, secondo il racconto del primo ufficiale italo-tunisino, i militari libici gli avrebbero detto: “Se dici che la droga era del comandante noi ti aiuteremo, devi dire che lui traffica in droga’. Ma io non ho mai visto dello stupefacente sul peschereccio e Piero (Pietro Marrone ndr) non ha mai fatto uso di droghe”. A quel punto sono passati alle minacce. “Mi hanno detto con voce grossa che se non avessi accusato il mio comandante allora le accuse sarebbero state rivolte a me e a mio padre e che rischiavamo l’ergastolo per questo”.