ABBATTIMENTI. LA CORTE COSTITUZIONALE SALVA L'”HOUSING SOCIALE”

È un risultato indubbiamente importante e difficilmente prevedibile quello ottenuto dall’avvocato Bruno Molinaro che aveva promosso l’incidente di esecuzione nell’ambito di un procedimento di demolizione di una casa di Vico Equense, da un lato sostenendo che l’acquisizione disposta dal comune impediva l’abbattimento dell’immobile disposto dalla Procura Generale, dall’altro rimarcando nel suo ricorso la differenza tra la legge regionale sull’housing sociale n. 19 del 2017 voluta dal Governatore Vincenzo De Luca, successivamente dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 140 del 2018, e quella approvata dal suo predecessore Stefano Caldoro, avente anch’essa ad oggetto la possibilità di conservare gli immobili abusivi, pur se oggetto di demolizione giudiziale, per ragioni di edilizia residenziale sociale volta a garantire una soluzione abitativa a individui e nuclei familiari del ceto medio con reddito insufficiente.

La questione di illegittimità costituzionale della legge Caldoro (art. 1. comma 65, legge regionale n. 5 del 2013) – va precisato – era stata sollevata dalla Corte di appello di Napoli, la quale aveva argomentato che poiché le due leggi regionali erano sostanzialmente identiche, annullata la prima si sarebbe dovuto riservare egual sorte anche alla seconda, facendo venir meno ogni impedimento alle demolizioni.

L’avvocato Molinaro aveva, tuttavia, evidenziato con forza la diversità esistente tra le due normative, giacché la legge De Luca perseguiva il fine di garantire agli occupanti un alloggio adeguato alla composizione del relativo nucleo familiare, senza ulteriori adempimenti, ovvero al semplice ricorrere delle condizioni previste, nel mentre la legge Caldoro condizionava l’assegnazione degli alloggi anche all’obbligo di verifica che gli occupanti non disponessero di altra soluzione abitativa.

Questione – quest’ultima – non di poco conto!

Nel dichiarare la illegittimità costituzionale della legge De Luca, la Consulta, con la richiamata sentenza n. 140 del 2018, aveva, fra l’altro, ammonito che l’esito normale della acquisizione è la demolizione, con buona pace, quindi, per le iniziative assunte dai Comuni con delibere consiliari finalizzate a conservare nel proprio patrimonio gli immobili abusivi, da destinare eventualmente, mediante dismissione o locazione, ad alloggi residenziali per i bisognosi.

Il colpo di scena!

La Corte costituzionale, con sentenza n. 7/23, depositata ieri 23 gennaio 2023, tralasciando ogni altro tecnicismo relativo ai rapporti tra Stato e Regioni nell’ambito della c.d. legislazione concorrente, ha dichiarato inammissibile la questione sollevata dalla Corte di appello di Napoli, così motivando.

È manifestamente erroneo l’assunto che giustifica la rilevanza della questione con riguardo alla possibile rimozione del provvedimento di acquisizione al patrimonio dell’Ente delle opere abusive (…) sulle quali pende l’ordine della cui esecuzione di cui si dibatte nel presente procedimento.

Stante la evidente incongruenza del parametro sulla base del quale il rimettente ha radicato la sua censura, cui si aggiunge il carattere contraddittorio e inadeguato della motivazione sulla rilevanza, la questione deve, pertanto, ritenersi inammissibile”.

Il risultato pratico è che, per effetto della nuova pronuncia della Corte costituzionale, la legge Caldoro è ancora in vita, con l’ovvia conseguenza che i giudici della esecuzione penale dovranno tenerne conto laddove l’acquisizione al patrimonio comunale dell’immobile abusivo venga fatta valere, in base alla suddetta legge, quale causa di incompatibilità con l’ordine giudiziale di demolizione.

È bene ricordare, infine, che la disposizione tuttora vigente di tale normativa così stabilisce.

Per favorire il raggiungimento degli obiettivi di cui all’articolo 7 della legge regionale 28/12/2009, n. 19 (Misure urgenti per il rilancio economico, per la riqualificazione del patrimonio esistente, per la prevenzione del rischio sismico e per la semplificazione amministrativa), gli immobili acquisiti al patrimonio dei comuni possono essere destinati prioritariamente ad alloggi di edilizia residenziale pubblica, di edilizia residenziale sociale, in base alla legge 22/10/1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell’ edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17/08/1942, n. 1150; 18/04/1962, n. 167; 29/09/1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell’edilizia residenziale, agevolata e convenzionata), nonché dei programmi di valorizzazione immobiliare anche con l’assegnazione in locazione degli immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, o a programmi di dismissione immobiliare. In tal caso il prezzo di vendita di detti immobili, stimato in euro per metro quadrato, non può essere inferiore al doppio del prezzo fissato per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica. I comuni stabiliscono, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e nel rispetto delle norme vigenti in materia di housing sociale di edilizia pubblica riguardanti i criteri di assegnazione degli alloggi, i criteri di assegnazione degli immobili in questione, riconoscendo precedenza a coloro che, al tempo dell’acquisizione, occupavano il cespite, previa verifica che gli stessi non dispongano di altra idonea soluzione abitativa, nonché procedure di un piano di dismissione degli stessi”.

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