ABUSIVISMO. ERCOLANO, SOSPESA DEMOLIZIONE DI UNA CASA ABITATA DA BAMBINA CON “AUTISMO E GRAVE RITARDO MENTALE”. ACCOLTA L’ISTANZA DELL’AVVOCATO BRUNO MOLINARO

È un’ordinanza storica, di certo la prima in Italia a fare concreta applicazione della giurisprudenza della Corte Europea, che dà ragione alla Difesa, rappresentata dall’avvocato Bruno Molinaro, sulla dibattuta questione della proporzionalità della sanzione della demolizione in danno di soggetti vulnerabili.

 Lo sgombero dell’immobile, sito ad Ercolano, in vista del successivo abbattimento, era previsto per lunedì prossimo.

Quel che è certo, però, è che, con l’unica casa di necessità sarebbe stato “demolito” anche il diritto all’abitazione e al rispetto della vita privata e familiare di una bambina disabile, affetta da “autismo e grave ritardo mentale“, il cui padre, peraltro, versa in precarie condizioni economiche.

Si dice che il codice penale non ha cuore!

In questo caso, tuttavia, il cuore o meglio la ragionevole interpretazione del dettato costituzionale e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ha finito per prevalere sulla rigidità delle norme.

Il Tribunale di Napoli, in persona del Giudice della Esecuzione, Dott.ssa Amelia Primavera, con un’articolata ordinanza del 28 giugno scorso, ha, infatti, decretato la sospensione della imminente demolizione, dopo aver richiamato in motivazione la giurisprudenza della Corte Europea (Corte EDU, 21 aprile 2016, Ivanova, e Corte EDU Kaminskas, 4 agosto 2020), secondo cui “la persona interessata ad opporsi ad un ordine di demolizione per una costruzione illegale ha il diritto a ricevere un attento esame delle proprie ragioni da parte di un tribunale indipendente, precisandosi che, ai fini di questo esame, deve essere prestata attenzione anche alle personali condizioni del destinatario del provvedimento ablatorio e ai tempi intercorrenti tra la definitività delle decisioni giudiziarie e l’attivazione del procedimento di esecuzione“.

Ha aggiunto il Tribunale che:

– “Il dovere di valutare il rispetto del principio di proporzionalità nella fase della esecuzione dell’ordine di demolizione di un’abitazione illegalmente edificata, secondo l’orientamento della Corte EDU, non implica un’assoluta discrezionalità del giudice, ma la necessità di rispettare alcuni precisi criteri guida“.

Rilevano – tra le circostanze da considerare – anche le condizioni di salute, “di età avanzata e la situazione di povertà e basso reddito dell’interessato, nonché la consapevolezza della illegalità e la concessione di adeguati periodi di tempo per consentire la regolarizzazione, se possibile, della situazione, e per trovare una soluzione alle esigenze abitative (…)”.

Ebbene, tanto premesso in linea di principio, si ritiene che il manufatto illegalmente realizzato ed adibito ad abitazione privata, le condizioni di salute della figlia dell’istante, come documentato dalla difesa, e la sua precaria condizione economica, non possano non influire sulla corretta applicazione del principio di proporzionalità.

Invero, (…), figlia di (…) risulta affetta da “autismo e grave ritardo mentale”, con deficit cognitivi e comportamenti estremamente gravi, invalida al 100%, tanto da dover essere necessariamente accudita da sua madre (…), anch’ella residente nel medesimo immobile, non essendo in grado di compiere atti quotidiani.

 E, dunque, una corretta applicazione del richiamato principio di proporzionalità, costituzionalmente orientata, deve necessariamente condurre ad aderire all’istanza difensiva, disponendo la sospensione dell’ingiunzione a demolire“.

L’ordinanza adottata, unica nel suo genere, è oltremodo interessante anche perché pone l’accento sulla “socialità” del diritto di abitazione, annoverato, come è noto, tra i diritti fondamentali della persona, come – del resto – ribadito sempre dalla Corte europea, che, in una recente sentenza dell’11 aprile 2023 (Case of Simonova v. Bulgaria), ha affermato che è contrario ai principi di una società democratica demolire l’unica casa del contravventore, in special modo allorquando l’esecuzione del provvedimento avvenga a distanza di anni dalla scoperta dell’abuso.

Il tema, di notevole interesse e dalle indubbie ricadute sociali, è, tuttavia, alquanto controverso nell’ordinamento interno, poiché la Cassazione penale da tempo afferma che non sussiste alcun diritto “assoluto” alla inviolabilità del domicilio, desumibile dalle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, pur costituenti espressione di un orientamento consolidato in materia, tale da precludere l’esecuzione dell’ordine di demolizione finalizzato a ristabilire l’ordine giuridico violato.

Insomma, secondo i giudici di legittimità, il diritto all’abitazione, pur riconducibile agli artt. 2 e 3 Cost. e all’art. 8 CEDU, non è meritevole di tutela in termini assoluti, dovendo piuttosto essere contemperato con altri valori di pari rango costituzionale, come l’ordinato sviluppo del territorio e la salvaguardia dell’ambiente, che giustificano l’esecuzione dell’ordine di demolizione di un immobile abusivo, sempre che tale provvedimento si riveli proporzionato rispetto allo scopo che la normativa edilizia intende perseguire.

Ma è proprio questo il punto!

Dal momento che, in Italia, l’attività esecutiva riguarda nella stragrande maggioranza dei casi ordini di demolizione rimasti ineseguiti per decenni, può ritenersi che in tali casi l’ordine di demolizione assolva davvero a una funzione semplicemente ripristinatoria, rispetto alla quale il diritto alla inviolabilità del domicilio debba considerarsi recessivo?

La logica più del diritto dovrebbe orientare la risposta al quesito.

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