L’Avv. Bruno Molinaro ne è convinto, la questione demolizioni può prendere una strada completamente nuova:”una rivoluzionaria e coraggiosa ordinanza quella appena pubblicata dal G.I.P. di Napoli, dott.ssa Anita Polito, che ha stabilito, come già fatto precedentemente dal giudice della esecuzione del Tribunale di Asti, che l’ordine di demolizione non può essere messo in esecuzione dopo cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna, dovendosi, in tal caso, ritenere estinto per prescrizione, ai sensi dell’articolo 173 del codice penale, trattandosi di pena accessoria e non di sanzione amministrativa, come ritenuto sino a qualche tempo fa dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione.”
Tale ultimo e contrario indirizzo è stato rivisitato e sottoposto a severa critica dal G.I.P. che ha affermato, fra l’altro, che, ” se il legislatore ha ritenuto opportuno per le sanzioni penali prevedere un termine entro cui lo Stato deve esercitare il proprio potere di esecuzione della pena, non si comprende perché poi il privato dovrebbe restare “sine die” esposto al pericolo, di non poco conto, di vedere portato in esecuzione (dopo anche decenni, con strumenti urbanistici differenti) l’ordine di demolizione in relazione ad un reato e ad una sentenza emanata anche venti anni addietro)”.
Ripèrende Molinaro:”Questa è una ordinanza che riaccende le speranze di chi è “in odore di demolizione”, soprattutto di chi ha realizzato un’abitazione di “necessità”, per le esigenze del proprio nucleo familiare e nei limiti del c.d. “housing sociale”, come definito dall’articolo 1, comma 65, della legge della Regione Campania n. 5 del 2013.”
Tuttavia l’avvocato si sofferma sui tanti orientamenti in questa materia: “Il provvedimento in questione costituisce, comunque, l’ennesima dimostrazione che, in questa materia, le idee sono molto confuse e che la politica di governo nazionale è completamente assente sul tema, molto sentito dalle fasce sociali più povere, che andrebbe seriamente rimeditato, senza strumentalizzazioni ideologiche, soprattutto dopo la sentenza della Corte EDU del 4.3.2014 (Grande Stevens ed altri c. Italia) che ha chiarito che “le sanzioni inflitte debbono essere considerate a tutti gli effetti come penali, anziché amministrative, in ragione della loro natura repressiva, della eccessiva severità delle stesse e delle loro ripercussioni sugli interessi del condannato”.
Infine Molinaro conclude: “Non vi è dubbio che la sanzione della demolizione applicata dal comune sia da considerare addirittura più grave di quella applicata dal giudice penale, perché, mentre nel primo caso alla inottemperanza del contravventore segue non solo la demolizione dell’opera ma anche l’acquisizione del suolo al patrimonio comunale, oltre all’irrogazione di una sanzione pecuniaria che, nelle zone vincolate, va applicata nella misura massima di euro 20.000, nel secondo, invece, l’esecuzione della sanzione comporta la sola demolizione.
Di qui la necessità – secondo la Corte Europea – di evitare una duplicazione di procedimenti, amministrativo e penale.”