Le isole del golfo di Napoli: Ischia, Capri e Procida concorrono, insieme, a determinare oltre il 50% del PIL Regionale con le reversali derivanti da imposte e tasse. L’unica industria esistente e florida sulle tre isole è quella turistica, segnata da un numero impressionante di persone che scelgono questi lembi di terra per poter ammirare le impareggiabili bellezze e trascorrervi le ferie. Teoricamente per curarsi dalle ansie e dallo stress che le metropoli nostrane e d’oltralpe, loro arrecano. Sono tre lembi di terra che, però , non riescono a trovare una linea politica comune nella gestione dei rapporti sia con il potere regionale che con quello centrale. I motivi sono vecchi e non sempre comprensibili. I capresi sentono di avere l’ombelico più in su, rispetto agli altri, per essere l’isola di Tiberio ove tutto si deve tramutare in “business” con più zeri e non hanno tempo per cinciscare con altri. I procidani si sentono un po’ gli esclusi dal tavolo e vanno per i fatti loro, mentre gli ischitani si sentono investiti di una superiorità divina per essere stata, l’isola, la prima colonia greca e per avere oltre 120 eletti del popolo che rappresentano le sei municipalità in cui è suddivisa che metterli insieme sarebbe impresa titanica in quanto più di qualcuno ha difficoltà di comprensione della lingua. Mai che imbastissero (le tre isole) un progetto comune a tutela delle necessità (comuni) che investono le comunità. Questa settimana ci interesseremo dei trasporti da e per le isole. Essendo ischitano, e non conoscendo nello specifico la condizione delle altre due isole (mi risulta solo che Capri riesce sempre ad ottenere le navi più funzionanti e meno carrettose), limito il mio osservare a quanto succede nella mia isola che è quella che, sotto il profilo dei numeri, movimenta più persone e cose, da e per il continente. Con approdi e partenze verso Napoli Porta di Massa (a due passi dalla principale sede regionale della Guardia Costiera) o Beverello per i soli aliscafi e verso Pozzuoli. Le società che gestiscono il trasporto di uomini e cose sono: la Alilauro e la Snav che curano il trasferimento veloce (di cui non ci interesseremo questa volta) e le società MedMar, Caremar (un consorzio di privati che una decina di anni fa rilevò la fallita società, conservandone il nome) e Gestur, di un imprenditore napoletano che opera sulla sola tratta Pozzuoli / Ischia e viceversa.
Il naviglio impiegato nelle dette tratte, con la sola eccezione della nave Maria Buono, è tutto vecchio e obsoleto che, se vivessimo in un paese serio, sarebbe fermato subito dalle autorità marittime e mandato alla demolizione poiché privo dei requisiti, anche minimi, per una navigazione in sicurezza. Tanto nel trasporto di cose che delle persone. Tanto è vero che basta un poco di vento di libeccio o una piccola allerta meteo, che l’unica nave che assicura i collegamenti tra l’isola e il continente è la Maria Buono affidata al comando di Pasquale De Angelis che, allo stato (lo dico da utilizzatore del mare nonché padre e figlio di marittimi), appare l’unico in possesso di quell’arte marinaresca necessaria ad assicurare una navigazione serena anche con avversità, mentre gli altri, approfittando dell’evenienza incatenano le navi alle banchine.
L’ultimo episodio è del 13 settembre scorso, quando l’unica nave che andava era la Maria Buono, capitanata dall’esperto capitano De Angelis, ed io che ero a bordo non avvertii nemmeno un leggero rollio o un beccheggio. Sarebbe il caso, quindi, di aprire un’indagine sulle altre navi che non hanno navigato perché due sono le ipotesi: o il naviglio non è idoneo (basterebbe un semplice accesso della guardia costiera e dei funzionari della ASL e della Regione per accertarlo – ne ho elementi a sufficienza) o non è idoneo il personale affidatario della loro gestione. Ma in questa circostanza non desidero impelagarmi in vicende relative ai rilasci delle certificazioni di idoneità alla navigazione del naviglio detto (lo faremo), ma da isolano, per giunta in questo momento malato e bisognoso di essere trasportato, sono particolarmente sensibile al trasporto dei malati da e per il continente.
Qualche intelligentone, di quelli che, evidentemente, hanno fatto studi particolari, ha posto una regola che affida alla sola società “Caremar” il trasporto delle autoambulanze con il malato a bordo. Le altre navi sono abilitate (per quanto ne so) al trasporto dei soli mezzi (autoambulanze) senza il paziente a bordo. Come se andassero a fare un giro turistico. Incominciamo col dire che una disposizione cervellotica del genere, se esiste, andrebbe immediatamente cestinata per la sua illegittimità e grossolanità in quanto l’esercizio del diritto alla salute e alle cure (che include anche il traporto in ambulanza) è costituzionalmente garantito (anche a seguito dell’integrazione dell’art.119 della carta) e deve essere assicurato a tutti. Per cui la impossibilità di traghettare sulle navi che assicurano, per concessione pubblica, il più alto numero di corse è un chiaro abuso. Per imbarcare un’autoambulanza le navi dovrebbero avere uno spazio riservato, prossimo al portellone di imbarco (per consentire anche un rapido sbarco per proseguire in fretta oltre), raggiunto da un cavo elettrico che fornisce energia con voltaggio appropriato affinché, nell’autoambulanza, sia garantito il ricambio d’aria e conservata la temperatura ottimale per il malato. Tutto questo (che sarebbe di facile applicazione) non esiste in nessuna nave e quindi “teoricamente” i malati dell’isola d’Ischia non potrebbero traghettare (per necessità di salute o perché traumatizzati) verso il continente allo scopo di raggiungere ospedali attrezzati per le necessità di vita. Le navi della “Caremar” come le altre navi non solo non hanno lo spazio riservato ma nemmeno il cavo per la fornitura di energia elettrica e conservano la prerogativa che al primo venticello di scirocco o di ponente sospendono le corse. Tutti lo sanno, nessuno lo vede e nessuno interviene. Le autoambulanze imbarcano lo stesso, rifuggendo all’escamotage della bugia del trasportatore del mezzo che riferisce che non ha malati a bordo. E così, prendendoci in giro continuamente, con la responsabilità di chi dovrebbe solo pensare a portare in fretta il malato a destinazione, si aggira una norma stupida e nessuno vede che l’intero naviglio che la regione Campania lascia utilizzare nel golfo, con la complicità della guardia costiera e di tutti coloro che a vario titolo e responsabilità hanno il compito di accertare la sicurezza -e finanche della pulizia- consente una ridicola quanto pericolosa farsa giornaliera. Benché la sola isola d’Ischia contribuisce con il 35% alla formazione del PIL regionale. In altra occasione evidenzieremo lo stato di insicurezza e di lerciume che le singole navi hanno e che non stimolano nessun intervento d’autorità. Convinto che, come cantava la Orietta Berti “finché la barca va lasciala andare”. (acuntovi@libero.it)